mercoledì 16 aprile 2014

Il Satiro di Mazara del Vallo

Il Satiro danzante è una statua in bronzo, ripescata nel canale di Sicilia, al largo della città di Mazara del Vallo, su un fondale di circa 500 metri. La statua venne rinvenuta in due tempi. Per prima la gamba sinistra nella primavera del 1997; seguì tra il 4 e il 5 marzo del 1998, durante una battuta di pesca, il corpo privo dell’altra gamba e delle braccia. L’opera rappresenta un satiro, demone facente parte del corteo orgiastico che accompagna Dioniso, il dio greco del vino. Essa potrebbe essere un’originale d’Età Ellenistica, datato nell’ambito dei IV secolo a.C., oppure una replica più tarda realizzata tra il II e la fine del I secolo a.C.
E’ verosimile ipotizzare che la statua facesse parte del carico di una nave naufragata tra la Sicilia e Capo Bon in un periodo di massima diffusione del commercio antiquario nell’antichità. E’ noto, infatti, che, soprattutto dalla conquista della Grecia da parte dei Romani e, comunque, dal II secolo a.C., si sviluppò un notevole commercio di opere d’arte per soddisfare le richieste dell’aristocrazia romana. Difficilmente un oggetto del genere poteva appartenere ad un’imbarcazione che trasportava rottami di bronzo da rifondere. Si doveva trattare, pertanto, di oggetti trasportati o depredati in funzione d’un ricco commercio d’opere d’arte destinate ai fiorenti mercati romani della Sicilia o della penisola. Al momento in cui fu ritrovato si parlò di una figura di Eolo; la qualifica di “satiro in estasi” nacque dal confronto con le innumerevoli riproduzioni antiche che completano il gesto e gli attributi.

Particolari del Satiro
L’essere mitologico è colto in un momento della danza orgiastica, nell’atto di compiere, flesso sul fianco destro, un salto sulla punta del piede destro, con la gamba sinistra sollevata, il busto ruotato e le braccia distese in avanti. La testa, abbandonata all’indietro fin quasi a toccare le spalle, offre i capelli fiammeggianti al vento, resi a fitte ciocche sottolineate da sottili incisioni e agitati dal pathos della danza orgiastica, che sconvolge ogni regola di equilibrio conferendo a tutto il corpo un movimento enfatico. Straordinariamente conservati gli occhi, in colore alabastrino in origine integrato con pasta vitrea colorata. La statua raggiunge un peso complessivo di 108 kg (96 kg il corpo, 12 kg la gamba staccata) e un’altezza di poco più di 2 metri. Secondo l’iconografia del satiro in estasi, sul braccio sinistro era avvolta una pelle di pantera, mentre dalla mano pendeva una coppa di vino vuota. La mano destra scuoteva, invece, il tirso, una lunga asta sormontata da un viluppo di edera a forma di pigna, ornata da nastri di stoffe, attributo di Dioniso e dei suoi compagni.
Confronto del Satiro con un vasoattico del IV secolo a.C.
Appare assai presumibile che il Satiro si trovasse inserito in un complesso scultoreo costituito da altri Satiri e Menadi accomunati in un’estatica danza orgiastica tipica del ciclo dionisiaco: la posizione del capo, fortemente rivolto indietro, e gli arti superiori alzati indicano il suo probabile inserimento in un gruppo vorticoso con altri compagni di rito.
Un vaso attico del IV secolo a.C. ripropone in maniera impressionante l’immagine del satiro rinvenuto nelle acque di Mazara del Vallo. Esso consente di riaffermare per il Satiro, oltreché l’appartenenza ad un tiaso dionisiaco, la cronologia del IV secolo a.C. proposta al momento della scoperta. Permette, inoltre, di visualizzare gli ipotetici “gruppi” all’interno del quale il Satiro ritratto in posizione estatica poteva essere inserito: davanti a lui è un giovane personaggio maschile nudo seduto sul suo mantello, il quale accompagna con un braccio la cadenza della danza, acquietandone con la posizione di riposo il ritmo frenetico. Dopo essere stato ripescato, il Satiro, reperto assolutamente eccezionale, fece nascere il problema del suo recupero e della sua valorizzazione. Per il restauro dalle incurie del tempo e del mare, che avevano compromesso la sua natura e la sua consistenza, l’opera approdò nella capitale e fu affidata all’Istituto Centrale del Restauro che, a sua volta, si avvalse di altri specialisti per integrare le sue conoscenza con quelle derivanti da altri tipi di indagini specialistiche.
Il 13 marzo 2003 il Satiro danzante venne esposto presso la Camera dei Deputati di Montecitorio, a Roma. Solo il 12 luglio 2003 tornò nel luogo in cui fu ritrovato, diventando così il simbolo di Mazara del Vallo. Per l’occasione si inaugurò il Museo del Satiro, ospitato nei locali dell’ex chiesa di San Egidio, messa a disposizione della città. La restituzione del capolavoro restaurato al suo territorio arricchisce il patrimonio culturale siciliano di un’opera straordinaria che si presenta unica per dimensioni, arditezza della realizzazione sul piano e bellezze del modellato, che raggiunge nel fluire dei capelli la sua aliquota artistica più alta.

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